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La storia del castello di Gradara ha origine in quel lontano e affascinante periodo, che chiamiamo Medioevo, ancor oggi in gran parte oscuro, percorso da aspre battaglie per l’affermazione di nuovi poteri, e insieme ricco diinteressanti fermenti artistici,.

Posto sulla sommità  di un colle, dominante i percorsi tra Romagna e Marche, esso rivestì immediatamente un ruolo strategico di fondamentale importanza.

Il nucleo più antico risale al XII secolo, una casa torre, appartenente alla famiglia nobiliare di Pesaro, i De Grifo. Ma le origini del luogo si fanno risalire all’epoca romana, come testimoniano i blocchi di pietra alla base del Mastio, tra cui quella con la scritta a lettere capitali “DEMETRI”.

Storia del castello di Gradara: i Malatesta

In alcuni documenti trecenteschi risulta essere possedimento dei Malatesta, all’epoca signori di Rimini e di Pesaro, i quali riuscirono a sottrarre il castrum Cretarie alla precarietà  dell’investitura pontificia, riconducendolo come bene privato della casata.

Furono i Malatesta a portare all’estensione attuale la struttura che, da fortilizio militare divenne luogo di piacevole soggiorno. “Gradara é di Sigismondo Pandolfo, una villa ornata con superbi edifici, amene piantagioni ed amplissimi vigneti …”  così venne descritto il Castello di Gradara a metà  del XV secolo, dallo scrittore Biondo Flavio.

Federico e Sigismondo due figure chiave della storia del castello di Gradara

Il castello è oggi un esempio tipico di architettura militare del XIV, un quadrilatero con torri angolari, beccatelli con caditoie per la difesa piombante, ponti levatoi, mura di cinta e torri merlate.

In seguito venne adeguata ai moderni metodi di combattimento che vedevano l’utilizzo delle armi da fuoco. Risalgono infatti al XV secolo feritoie, scarpature, torrioni poligonali compresa la rocchetta sul versante Nord – Est.

Oltre al essere un avamposto militare, la Rocca fu una residenza raffinata, come erano solitamente le corti rinascimentali, con ambienti ampi e affrescati con pitture legate all’antichità  classica di eroi e ed episodi della mitologia greca, con particolari preziosi, come tra l’altro risulta da alcune descrizioni dello storico Olivieri.

Fu residenza prediletta di Pandolfo II, legato da una fraterna amicizia al Petrarca, il quale lo ricorda in alcune lettere e in un sonetto del Canzoniere. Vi abitò la dotta Battista Montefeltro, moglie di Galeazzo detto “l’Inetto” e Sigismondo Pandolfo Malatesta che fu di Gradara Signore per 30 anni.

Storia del castello di Gradara: Federico da Montefeltro e Sigismondo Pandolfo

Grazie alla sua posizione e alle sue strutture difensive la Rocca riusì a sopportare diversi assedi tra cui uno che ebbe notevole risonanza nelle cronache dell’epoca: Federico da Montefeltro Duca di Urbino, e Sigismondo Pandolfo, entrambi incarnazione del mito rinascimentale, nel 1446 si scontrarono per ben 40 giorni; l’aspro contrasto segnò l’apice dell’inimicizia che c’era tra i due condottieri.

La Rocca fu quindi teatro di battaglie e testimone di avvenimenti tragici: all’epoca malatestiana nelle prigioni del Mastio, Malatesta detto “Il Guastafamiglia” imprigionò e poi uccise i propri familiari; all’epoca di Malatesta “L’Inetto” , le truppe viscontee capeggiate da Angelo del Fuoco, entrarono nella Rocca con l’inganno e commisero numerose violenze e ruberie.

Storia del castello di Gradara: Paolo e Francesca

Ma il Castello di Gradara é noto per una delle più belle storie d’amore della letteratura italiana, narrata per la prima volta dal Sommo Poeta, Dante Alighieri nel suo divino poema. E’ nel girone dei Lussuriosi – V Canto dell’Inferno – che si trovano Paolo e Francesca, i due amanti che hanno reso famosa la Rocca conferendole un alone di mistero e leggenda.

Sigismondo Pandolfo Malatesta, dopo aver ricevuto la scomunica da parte di Papa Pio II, perse tutti i poteri e con essi anche tutte le terre che da Rimini arrivavano a Fano. Gradara 1463, si arrese alle truppe degli Sforza che diventarono così i nuovi Signori del castello. Giovanni Sforza fece degli imponenti lavori alla Rocca, come testimonia la lapide sopra il ponte levatoio, e alla cinta muraria. Gli ambienti interni vennero abbelliti con cornici scolpite e con affreschi ancora oggi ben conservati.

Come alludono certe rappresentazioni attribuite al pittore bolognese Amico Aspertini che si trovano nel così detto Camerino di Lucrezia, i lavori vennero effettuati probabilmente in occasione delle nozze tra Giovanni Sforza e la figlia di papa Alessandro VI, Lucrezia Borgia, la quale soggiornò per un breve periodo nella Rocca.

Dopo una breve parentesi del Valentino, Cesare Borgia, Gradara ritorna agli Sforza. Giovanni probabilmente fece affrescare una stanza della Rocca con Putti che giocano festosamente, in occasione della nascita dell’erede, Costanzo, colui che chiuse infine la dinastia Sforzesca del ramo di Pesaro nel 1512.

Storia del castello di Gradara: i della Rovere

Della Rovere furono gli ultimi Signori, i quali affidarono la piccola Gradara alle loro consorti, che governarono saggiamente. In particolare si ricorda Vittoria Farnese, nipote di papa Paolo III, alla quale venne affidato il governo della Terra di Gradara da Guidubaldo Della Rovere II, suo marito.

Il forte nepotismo faceva si che, quando saliva al soglio pontificio un nuovo Papa, questi Signori improvvisamente perdevano i territori che governavano, come accadde con Papa Leone X il quale scomunicò Francesco Maria I Della Rovere a favore del nipote, Lorenzo De Medici che fu Signore del Ducato per soli otto anni (1513-1521).

Il dominio roveresco durò poco più di un secolo, con l’estinzione avvennuta nel 1631, tutto il ducato fu governato direttamente dalla Chiesa, tramite i legati pontifici. I papi diedero in enfiteusi Gradara ai Signori di Pesaro tra cui gli Albani e i Mosca che si preoccuparono di restaurare la Rocca.

Notevoli modifiche vennero apportate a fine ’800 dal conte Morandi Bonacossi e lo stesso fece l’ultimo proprietario, Umberto Zanvettori. Quest’ultimo iniziò i primi lavori di restauro, seguendo un certo rigore storico, affidando la direzione dei lavori all’architetto Gustavo Giovannoni, esperto in architettura medievale. Ma ben presto lo Zanvettori si fece influenzare dal gusto romantico facendo eseguire architetture neogotiche poi, seguendo i canoni stilistici tipici del primi decenni del ’900, aggiunse decorazioni in stile liberty e un arredo molto scenografico e carico di suggestioni un po’ dannunziane.

Molto teatrale la stanza di Francesca che sembra ricalcare il palcoscenico del Teatro Costanzi di Roma, dove si tenne la prima della “Francesca da Rimini”, la tragedia scritta da Gabriele D’Annunzio ed interpretata da Eleonora Duse nel 1902.

Nel 1928 lo Zanvettori vendette la Rocca allo Stato mantenendo l’usufrutto. Nel 1983 dopo la morte della moglie, Alberta Porta Natale, ormai vedova da tempo, decadde l’usufrutto e, dopo adeguati restauri, la Rocca divenne Museo Statale. Ogni anno circa 210.000 visitatori varcano il ponte levatoio della Rocca, é infatti uno dei monumenti più visitati in Italia.

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